Trump vs Biden e l’incapacità degli USA di andare verso il futuro
Trump vs Biden e l’incapacità degli USA di andare verso il futuro
L’elemento più importante da segnalare è che, nelle ultime tre corse alla presidenza, né il partito dell’asinello né quello dell’elefante sono riusciti ad esprimere candidati moderni o di rottura. I democratici si sono affidati a Hillary Clinton e Joe Biden, mentre i repubblicani sono stati fagocitati da Donald Trump, nome presente sulle schede per il Grand Old Party degli ultimi 3 election day (2016, 2020 e, la prossima, a novembre 2024). In questo momento storico – e, va detto, mai come prima d’ora – c’è stata una tale carestia di nuovi potenziali leader politici.
Biden vs Trump: chi resta in piedi, vince
La sfida tra due candidati di età avanzata come Biden (81 anni) e Trump (attualmente 77 anni, classe ’46), si basa anche su chi abbia più, o meno problemi fisici e mentali dell’altro. Non a caso, le illazioni sullo stato di salute dei due contendenti sono all’ordine del giorno. In questo, il candidato democratico Joe Biden parte in netto svantaggio, considerato l’enorme numero di gaffe e scivoloni (letterali e non) dell’inquilino della White House.
I repubblicani parlano di sleepy Joe come una persona affetta da varie patologie e demenza senile. Dall’altra, invece, Trump è stato tacciato di condizioni psichiatriche notevoli (anche di psicopatia). Proprio di recente, il dottor John Gartner ha rivelato, in una intervista alla rivista Salon, che le facoltà linguistiche di Trump stanno crollando. Quasi ironicamente, quindi, la diagnosi di demenza senile potrebbe adattarsi perfettamente al candidato repubblicano. Solo contando gli ultimi due comizi, Trump ha confuso i nomi delle persone a cui si dirigeva in una trentina di occasioni.
Tutto lì fuori è cambiato…
In termini sportivi, quello tra Donald Trump e Joe Biden è un vero e proprio rematch. La vittoria del candidato democratico ai danni del tycoon di New York segnò una novità – non inedita ma molto rara – nel panorama statunitense, con la mancata rielezione del presidente uscente per il secondo mandato. Dalle elezioni di novembre 2020 e dall’assalto di Capitol Hill di gennaio 2021 è passata una autentica era politica. La pandemia da covid-19 protrattasi per un altro anno si è esaurita nel momento in cui, a febbraio 2022, la Russia invadeva l’Ucraina. La crisi inflazionistica ha generato nuove inquietudini e l’accelerazione degli effetti visibili del cambiamento climatico hanno spaccato ulteriormente politica e società in fazioni opposte. In coda, il boom dell’intelligenza artificiale che spinge a una riflessione sul rapporto tra l’uomo e il lavoro, sul modello economico-produttivo e sui rischi legati ai deep fake e una costruzione di post-verità sempre più realistica.
…Ma gli USA, no. Ed è un copione già visto
Se il mondo accelera, gli Stati Uniti, egemoni del XX secolo, rimangono fermi al palo. Almeno dal punto di vista politico, gli U.S.A. rimangono ancorati ad un modello da rottamare (pena il rimanere bloccati in autostrada senza soccorso stradale). Nel corso della storia, questa paralisi ha caratterizzato anche altre potenze egemoni e in fase di decadenza (l’ultima fu proprio l’Inghilterra, che consegnò lo scettro, volente o nolente, ai figli delle 13 colonie d’oltreoceano). L’incapacità di adeguarsi politicamente agli scenari della contemporaneità, da parte degli unici due partiti che ogni quattro anni si giocano la Casa Bianca, è sintomatico di un blocco del sistema.
Una Nazione, quella statunitense, che pur continuando a credere nel ruolo di portatore di pace e civilizzazione nel mondo, viene frastornata dall’avanzata di un mondo multipolare e sempre più interdipendente, sempre un po’ più lontano dal cuore dell’Impero. Mentre nuovi leader si formano sullo scenario politico internazionale, nella land of opportunities and home of the brave non c’è modo di sperare in una leadership che non esca, in un modo o nell’altro, dalle alte sfere democratiche e repubblicane. E questo bipartitismo perfetto penalizza notevolmente la rappresentatività, fa crescere la disaffezione politica e limita l’entrata in scena di tematiche non trattate (o trattate con altro taglio) da democratici e repubblicani. Se tale sistema ha funzionato egregiamente per gran parte del XX secolo, è pur vero che la realtà ha assunto, col tempo, sfaccettature sempre più complesse, a partire dal gran avvento della soggettività personale e la disgregazione dei gruppi sociali.
Rinascere per sopravvivere e la presidenza di passaggio
“Trump contro Biden – il rematch”, potrebbe essere la competizione elettorale statunitense più anonima della storia e quella dove, senza dubbio, si trasmetteranno meno messaggi positivi e di speranza. Joe Biden rimarcherà i buoni dati dell’economia sotto il suo mandato, mentre Donald Trump punterà nuovamente sulla narrazione del Make America Great Again che gli ha garantito il successo nel 2016. Che sia Donald Trump o il presidente uscente Joe Biden, si tratterà di una ultima volta. Una “presidenza di passaggio”, che potrebbe caratterizzarsi maggiormente per il tentativo di resistere alle sollecitazioni di cambio dello status quo, piuttosto che per l’introduzione di nuove visioni e politiche proiettato al futuro. Per gli Stati Uniti e per il mondo intero, l’election day di novembre (il primo martedì del mese) ha sempre rappresentato un turning point. Tranne per alcuni temi dove si manifesta una chiara differenza, uno su tutti quello relativo alle misure da adottare per contrastare il global warming, si fa fatica a vedere un quadriennio (2025-2029) con gli Stati Uniti alla guida del mondo, come paese ispiratore, di progresso e civiltà.
Il destino manifesto, dipinto su tela dal pittore John Gast nel 1872 e che rientra in quello stretto nucleo di opere che fondano e sostengono l’identità statunitense, si rende sempre più opaco. La luce (che nel dipinto si vede provenire dalla costa Est degli Stati Uniti e che viene portata verso Ovest, come “segno della civilizzazione in atto”, e che è stato alla base di quasi tutte le guerre in cui hanno partecipato gli States) si affievolisce sempre più. Il crepuscolo di una Nazione che, per ora, ben si sposa con lo stato di salute dei suoi candidati. Visti i tempi che corrono e per il tipo di sfida, la regola è una: vince chi resta in piedi.